Storie zen
La tazza rotta
Durante l'epoca Tokugawa in Giappone (1603-1868), un monaco di nome Tetsugyu stava servendo il tè al signore della guerra di Sendai, quando il suo fratello di dharma Cho-on fece visita alla sala da tè. Il signore di Sendai invitò Cho-on ad unirsi a loro per il tè. Tetsugyu scelse un'antica tazza da tè particolarmente preziosa che il signore di Sendai gli aveva donato, e la dispose sul tatami per fare il tè. Nell'istante stesso in cui stava apprezzando la grande bellezza della tazza, tutto a un tratto Cho-on raggiunse con un bastone da cerimonia che aveva con sé la tazza e la schiantò.
“Ora guardate l'autentica tazza che esiste prima della nascita”, disse Cho-on.
Tetsugyu impallidì e per poco non svenne, ma il signore di Sendai fu in grado di mantenere la presenza di spirito. Disse a Tetsugyu: “Ti ho donato la tazza, ma vorrei che ora me la restituissi. Prima di restituirmela, per favore, ricomponila e fa una scatola per mettercela. Sul coperchio della scatola, ti chiedo di scrivere il nome della tazza, che ora chiamo L'autentica Tazza Prima della Nascita. Tramanderò con reverenza la tazza ai miei discendenti".
L'altra sera, in occasione delle nostre letture, Katagiri Roshi ha parlato dell'importanza della trasmissione del dharma. Ora, secondo voi, chi tra questi tre personaggi dell'aneddoto ha a che fare, e sbroglia alla propria maniera, la questione della trasmissione del dharma?
16 Aprile 2020
Shogaku
Korin
Io capisco così...
La presenza di spirito del signore di Sendai coglie nel gesto di Cho-on un'occasione per far fluire l'azione del rompere la tazza, riportandola ad un'altra possibilità di esistenza, e quindi mantenendola viva.
La giusta azione fa fluire il dharma, azione completa in se stessa, ma concatenata con una miriade di altre azioni, quelle che compiono i tre personaggi, ma anche quelle che sono venute prima e che verranno dopo, quindi chiusa e aperta nello stesso tempo. L'Enso non è mai completamente chiuso, lascia spazio ad altro...
Il risveglio è un momento di questo flusso.
Quando l'energia del momento, in modo simultaneo si incontra, tra i diversi 'attori' e c'è reale compassione, e comprensione.
Joshin
Io la vedrei così:
Cho-on è il maestro che 'rompe' una situazione ordinaria. Il Signore di Sendai è il discepolo che si risveglia e Tetsugyu rappresenta le condizioni affinché tutto ciò possa avvenire. Quindi tutti e tre sono necessari per la trasmissione.
Jakujo
Mi pare che l’intera storia e tutti quanti i protagonisti abbiano a che fare col problema della trasmissione del dharma. I tre risolvono il problema in modo diverso, ma forse sono anche parte di uno stesso processo che si ripete nel corso del tempo.
La storia verte non solo sulla trasmissione del dharma, ma anche sulla relazione contenitore e contenuto, su quella tra forma ed essenza, tra morto e vitale, tra nome e sostanza nominata.
Cosa significa trasmettere il dharma? È la bella tazza l’oggetto della trasmissione?
Da un certo punto di vista sì: essa passa di mano in mano, dal signore della guerra viene regalata/affidata al monaco Tetsugyu, passa per Cho-on e infine ritorna al signore della guerra che la trasmetterà ad altri. In questo passaggio però subisce una trasformazione. Viene frantumata e poi ricomposta.
Quanto ai tre personaggi, curiosamente il signore della guerra appare come il custode di una trasmissione del dharma su cui però non interviene direttamente; comprende il gesto e fornisce le indicazioni ma sono i due monaci a versare il tè, distruggere e ricostruire la tazza. Chi gestisce il potere conserva e trasmette le forme, ma non l’essenza delle stesse?
Ma cosa rappresenta la tazza? È la tazza il vero oggetto della trasmissione? Non è forse la tazza lo strumento con cui si può bere il tè? Siamo bevitori di tazze o bevitori di tè?
Cho-on richiama all’essenza della funzione della tazza. Non attaccarsi alla forma che il contenitore ha preso e storicamente ogni volta prende. Ereticamente rompe il contenitore quando esso ha ormai preso il posto del contenuto e richiama alla sorgente del dharma che è il vero spirito della trasmissione. Da cuore a cuore, trasmissione al di là delle parole, lo spirito dello zen…
Eppure il tè, per essere bevuto ha bisogno della sua tazza. Non si può fare a meno del contenitore della trasmissione. Lo spirito si deve incarnare per manifestarsi e per essere trasmesso. È per questo che la tazza va ogni volta ricostruita e ricomposta con amore, ogni volta in un certo senso il messaggio va reiterpretato e adattato. È il senso della trasmissione/tradizione del dharma: esso va ogni volta riscoperto per viverlo, sfrondandolo dalle forme ormai decomposte ereditate dal passato, per quanto belle o suggestive, ma senza doverlo ricreare dal nulla, rinvenendo i frammenti utili per una forma adeguata ai tempi, luoghi e persone attuali.
Eppure quella tazza/contenitore va a finire in una scatola, contenitore del contenitore, con un’etichetta sopra. Musealizzata?
O quella tazza ricomposta ha perso la sua funzione di contenitore per servire invece da richiamo costante all’essenza della sua funzione? “Vai al di là della tazza”, sembra dirci, “il dharma ha bisogno della struttura di un veicolo che lo trasporti, ma si concretizza al di là di questo, incarnandosi nell’esistenza”.
Ma basta un nome a richiamare l’essenza di un gesto iconoclastico? Quel nome apposto lì è un po’ come dire: “Seguite me, fate ciò che dico, ma non credete in me e non attaccatevi a ciò che dico!”
O ancora: “Sono una tazza/non tazza e ce l’ho pure scritto sopra! Non potrai fare di me uno splendido inutile soprammobile con cui adornare la tua casa: la mia funzione è un’altra… sono qui per il tè!”
Per cui: “Bevi il tè e distruggi la tazza, poi ricomponila e donala a qualcun altro…”
Jinin
Ma anche il Signore di Sendai non mi sembra che si impressioni della rottura della ciotola: è già un maestro o si è illuminato seduta stante? e Tetsugyu ? E' un monaco, ma timoroso: è forse lui che deve fare il "salto"?
Mokurai
Intervengo sulla tazza e sul quesito di Shogaku. Mi avete tirato dentro. A mio parere è la tazza che trasmette il dharma piegando a sé tutti e tre, conformandoli a sé. Poi ognuno testimonia a modo suo.
Ho già scritto troppo.
Angela
Il signore della guerra potrebbe essere il primo maestro, colui che dona la tazza al monaco discepolo, che però in un primo momento non comprende; c'è bisogno così dell'intervento di un secondo maestro (?) Cho-on perché il monaco Tetsugyu si illumini e possa arrivare alla comprensione, possa ricevere il Dharma per poterlo poi a sua volta trasmettere?
Mushin
Tetsugyu ricevette la tazza ma la pose sul tatami a condivisione. Cho-on ruppe gli schemi, non si perse nella "bellezza" e la portò all'assenza (prima della nascita/non forma). Solo in quel momento Tetsugyu poté ricostruirla e donarla veramente affinché Sendai la potesse trasmettere?
Shogaku
Il quadro è vivo, perciò mobile. E permettendo molteplici visuali non vuole un'unica risposta. Questa è solo la mia.
Tetsugyu è fedele al suo ruolo, che è quello della forma (mammamia- che-bella-tazza!); ma potrebbe essere il praticante che s'innamora delle forme e dei rituali e non vede altro. D'altra parte, il suo fratello di dharma, Cho-on, non è da meno, e interpreta colui che indica la vacuità (mammamia-non-c'è-nessuna-tazza!); ma potrebbe essere il praticante che rifiuta sampai perché lui non s'inchina a niente e nessuno. Il signore di Sendai, infine, fa quel che deve: museifica, qualcuno di voi lo ha indicato, cioè passa ai posteri l'intera storia. Un archivista.
Dov'è qui la trasmissione del dharma?
Mettiamo tutto in frullatore e vediamo cosa ne esce.
Una tazza, una non tazza, e la trascrizione ai posteri di tutto questo. Un corpo, un non-corpo, e la trasmissione ai posteri della postura.
Come indichiamo zazen al principiante? Un corpo, il suo; un non-corpo, lasciar andare; poi corpo e non corpo insieme nell'istante e nel silenzio.
Per cui si può anche dire che la tazza/corpo chiami ogni esistenza a sé e la conformi. E anche questo è stato già indicato.
L'errore (didattico e didascalico) del primo monaco è di pendere troppo sul versante della forma; quello del secondo monaco verso la non-forma; resta il signore di Sendai che trascrive la storia per noi.
Se questo percorso è accettabile niente, nella storia, è superfluo e tutto è necessario, e anche questo è già stato indicato; necessario a noi, passati secoli, che ne discutiamo allegramente.
Bere il tè, infine, ah!, è profumo d'incenso, gusto del satori.
17 Aprile 2020
La tazza rotta... ai giorni nostri!