Le nostre pubblicazioni
LA LUNA CADUTA NEL POZZO
Salvatore Shōgaku Sottile
Discorsi di Dharma
Ottobre 2022 - Settembre 2023
Che la luna possa cadere in un pozzo è opinione comune. Di più, è certezza. Cosicché si vive di conseguenza.
Trovarsi circoscritti - e perciò stesso rinchiusi, legati senza alcuna corda - nel perimetro del pozzo dove sarebbe caduta la luna, fa sì che la nostra vita scivoli via, scivoli inutilmente, scivoli come acqua fra le dita; da qui, proprio per ribattere il punto dell'inizio, il chiodo nel muro, le Quattro Nobili Verità di Shākyamuni detto il Buddha: dukkha; origine di dukkha; la via che conduce alla cessazione di dukkha; la via, cioè, del Sentiero di Mezzo, detto anche Nobile Ottuplice Sentiero.
IL PANE E LO ZEN
(nel ventunesimo secolo)
vademecum per quanti cominciano
a cura di
Salvatore Shōgaku Sottile
e la Comunità dei praticanti
Si presenta qui, a grandi linee, la vita e la pratica nella tradizione Zen a quanti non ne sanno nulla. Offrire questo pane, offrire questo Zen a chiunque lo desideri come due facce della medesima focaccia, il nostro essere viventi, oggi, su questo sofferente pianeta.
Keiji Nishitani
ovvero sul cavar sangue
(di dharma)
dalla rapa filosofica
a cura di Salvatore Shōgaku Sottile
Questi testi possono essere considerati una lettura ad alta voce di alcuni snodi che ci riguardano dell'opera di Keiji Nishitani edita in italiano col titolo di La religione e il nulla. Si tratta, in verità, di un testo filosofico; ma di un filosofo posto per ragioni biografiche fuori dallo stagno della filosofia occidentale. L'autore è il penultimo rappresentante della cosiddetta Scuola di Kyoto; l'unico, per ragioni anagrafiche e di curiosità intellettuale, ad aver varcato le porte del Giappone per andare a studiare in Germania, famigliarizzandosi con la nostra tradizione filosofica a cui fa un dono ineguagliabile. Oltre a ciò, Nishitani ha praticato lo Zen e amato Dōgen, che spesso viene chiamato in causa.
In fin dei conti, quel di cui Nishitani ci parla, noi lo viviamo. Si tratta del nostro stile. Dico, del modo con il quale studiamo e pratichiamo il dharma al Centro Zen di Vicenza. Continuo andare/venire dallo studio alla pratica e dalla pratica allo studio.
Leggendo Nishitani, impastandolo nella nostra vita e pratica, a più riprese riemerge un sentire a noi noto, vissuto; sentire e vissuto che fanno nascere pensieri non ancora pensati, parole non ancora dette.
A questo, forse, può contribuire questa nuova edizione, sapendo che, alla fine, bisognerà tornare a dimenticare ogni cosa.
LE FOGLIE STANNO VOLANDO VIA DAL MONDO
I DIECI QUADRI DEL TORO.
Un'antica storia Ch'an
Commento di Salvatore Shōgaku Sottile
Disegni di Marta Joshin Bonaldo
In questo nostro viaggio ci accompagna un classico del Ch'an, scuola cinese progenitrice dello Zen giapponese: I dieci quadri del toro.
Era, quello del Ch'an, un modo di vita comunitaria dalla quale scaturiva un insegnamento senza troppe parole. Ecco allora, originariamente, i dieci quadri del Toro, come verranno chiamati, dieci raffigurazioni e poche, a volte enigmatiche, parole di spiegazione.
Ci piace ripresentarli oggi, con i quadri riadattati dalla mano di Marta Joshin e qualche commento.
Cominciamo...
Quel che qui si racconta è la storia di una creduta amnesia. La nostra. Originaria. Di come ci saremmo persi e di come ci si potrebbe ritrovare.
La pratica Zen, la nostra pratica, in questo è lapidaria. Dice: non ti puoi perdere! Dice ancora: non ti sei mai perso!
E, allora, come la mettiamo con l'amnesia?
Ma è natura dell'amnesia non poter cancellare il fatto di realtà che pure dimentica; così, daccapo, nessuno si può mai perdere e mai nessuno si è perso.
E, allora, come la mettiamo con l'essersi persi?
Ma è natura dell'essersi persi far da figlia dell'illusione, quella particolare e specifica illusione che Sakyamuni, detto Buddha, ha chiamato dukka, l'originaria sofferenza.
Se dell'amnesia non si può parlare e mai nessuno si è perso, cosa racconta il Ch'an con la storia dei Tori?
Racconta, obliquamente, come obliqua era la parola di Apollo, che in fin dei conti non possiamo che essere ciò che siamo. Buddha!
Chi è, perciò, l'uomo che viene raffigurato dai quadri? Noi! E chi è il toro? Ancora noi.
Coraggio. Basta un cuore quieto e saldo. Il risveglio è a portata di mano.
UN PALO ALTO CENTO PIEDI
Discorsi di dharma
di Salvatore Shōgaku Sottile
Come una luna segue sempre il suo sole, questi discorsi gravitano su una precisissima eclissi, quanto avviene nella pratica formale, nelle discussioni a volte interminabili, nei dubbi e nelle gioie di questa piccola comunità Zen del XXI secolo. A differenza di quanto contenuto nel precedente Che tempo è, adesso?, stretto tra le maglie della pandemia, questi discorsi s'incurvano verso quei due o tre snodi che rendono vivida la pratica della grande Via nella tradizione Zen; in particolare, esaltano l'intreccio (Katto) di cui è fatto l'addestramento/trasmissione, la lampada che passa di mano in mano, da Shakyamuni Buddha a noi.
Proprio all'apertura, "Nonostante tutto" e "L'attitudine del discepolo" pongono la questione. Questione che, in una maniera o nell'altra, risuonerà fino alla fine. Niente che, poi, mai veramente finisca; l'addestramento, difatti, è un secchio sfondato e la trasmissione una luna che semplicemente va incontro al suo sole. Pure, di addestramento e trasmissione, in un Centro Zen di pratica cittadino, bisogna parlare. Di che parlare, altrimenti?
Detto questo, silenzio. L'atmosfera più comune per quanti ci frequentano. Che non vuol dire, necessariamente, assenza di parola, quanto marcare il punto, battere il tempo, non allontanarsi mai dal nostro cuore che batte ora, adesso.
E se batte, questo cuore, se vive, questo cuore, eccolo davanti al palo alto cento piedi. Intrigante, esaltante vecchia storia del Ch'an, attualissimo invito a fare ancora un passo, una volta in cima. La nostra, a ben vedere, non è altro che una pratica acrobatica; amiamo così tanto il volo...
KAIRÓS E ZEN
di Salvatore Shōgaku Sottile
Kairós!
Un'alta, antica parola di saggezza greca.
… Kairós rivela la qualità del tempo... ma il Chronos la quantità...
Perché Kairós ci interroga? Perché mai dovrebbe avere a che fare con noi che pratichiamo la grande Via del dharma?
Il paese di Kairós è come un roveto, è meglio di un labirinto; ed è così perché è vivo. È una cosa viva! Indica un'energia, non una cosa; energia che non si dimentica, una volta gustata, dacché è l'energia del dio, l'energia del vivente...
CHE TEMPO E', ADESSO?
Discorsi di dharma
di Salvatore Shōgaku Sottile
Perchè una raccolta di discorsi di dharma in epoca di pandemia?
Una prima ragione è eminentemente pratica; con il Centro forzatamente chiuso per pandemia e la pratica condivisa sospesa, occorreva trovare un nuovo modo per proseguire l'indagine. Così, invece di prodursi, come solitamente accade, nel vivo dell'intreccio della Comunità e nell'oralità, queste esortazioni sono diventate testi scritti, lettere d'amore, messaggi in bottiglia affinché non si interrompesse quel che, in verità, non può interrompersi, la pratica infinita del dharma, l'attualizzazione e realizzazione del voto che abbiamo pronunciato. E ora che è passato più di un anno da quando tutto è cominciato, ci è venuta l'idea di raccoglierli in volume, in modo che risulti vivido il filo rosso dei nostri propositi e delle nostre indagini.
QUATTRO PASSI CON DŌGEN
Zen: istruzioni per l'uso
di Salvatore Shōgaku Sottile
Come si affronta un gigante come Dōgen?
Verrebbe da dire vivendo come ha vissuto, monaco riformatore del Buddhismo Zen in uno dei momenti più travagliati del Giappone medievale e, nello stesso tempo, pensatore tra i più originali e profondi.
Ma non basta. Perché la querelle è imperniata sulla possibilità stessa di un approccio eminentemente, se non esclusivamente, di tipo accademico-filosofico. Shunryu Suzuki, per esempio, l'ha detta così: "A volte sento che c'è qualcosa di blasfemo nel discettare sulla grande perfezione del Buddhismo inteso come filosofia, o nell'insegnarlo senza conoscerne la vera essenza."
Ora, senza tirare in ballo alcuna blasfemia, siamo ben consci che il pensiero di Dōgen non appartenga ai giapponesi o allo Zen, così come Platone non è proprietà greca; pure, non è da trascurare il fatto che quel pensiero si produca a partire dalla vita e pratica religiosa messa in atto e senza la quale, semplicemente, non ci sarebbe stato alcun pensiero.
CERCANDO UN AGO NEL PAGLIAIO (del Dharma)
Conversazioni sulla pratica Zen
di Salvatore Shōgaku Sottile e Marta Joshin Bonaldo
Prima di scoprire che non c'è nessun ago in nessun pagliaio, la pratica consiste di aghi e di pagliai. Prima di scoprire quanto siamo soli, ed infinitamente in compagnia, sulla Via, si crede indispensabile domandare in giro. Prima di scoprire che non c'è alcun sé, oltre il quale bisogna andare, si crede che occorra andare oltre se stessi.
Succede anche questo in un Centro di pratica Zen di città. Succede, cioè, o così appare al principiante, che il tempo della pratica formale, il tempo di "prima di scoprire che", scivoli via senza che sia stato possibile provare a chiarificare le perplessità e buttare fuori da sé ogni dubbio.
Il silenzio, l'oralità e la presenza fisica dei praticanti, al Centro, naturalmente è essenziale. Ma la nostra vita s'è fatta convulsa e, prima di scoprire come si pratichi con ogni cosa, un allenamento limitato alle maglie di poche ore, due volte alla settimana, o qualche domenica, è davvero poca cosa.
Ecco, allora, che tra una giovane praticante e il monaco anziano del Centro, da sé, è nata una conversazione a distanza che abbiamo voluto rendere disponibile a quanti frequentano con una certa assiduità la nostra pratica.
Si tratta, sostanzialmente, di domande sincere e di risposte altrettanto sincere, senza particolari accorgimenti e senza reti di protezione. Come sarebbe stato se quelle questioni fossero state poste durante le sedute formali.
L'intento non è di voler insegnare qualcosa a qualcuno, se non dar corda all'indagine di chi quelle domande ha formulato, nonché provare a mettere pietre d'inciampo sul cammino di chi a quelle domande ha provato a rispondere.
EPICURO DI SAMO MAESTRO ZEN
di Salvatore Shōgaku Sottile
Lo Zen e il messaggio di Epicuro presentano numerose analogie. I praticanti dello Zen sono figli del sorriso di Mahakasyapa, Epicuro raccomanda ai suoi di ridere, parlare di filosofia e godersi le amicizie più strette.
Il monaco Zen Salvatore Shogaku Sottile mette in evidenza queste analogie e confronta le due dottrine: il Dharma e l’epicureismo, ma senza indulgere nell’omologazione.
Epicuro resta Epicuro e lo Zen non è altro che lo Zen.